• Lun. Lug 14th, 2025

La palude

[CORE] “La palude” 4:02 – @2025 (testi: Filippo Biagioli; voce e musica: AI Suno)

“La Palude”: Un Viaggio Tra Ombra e Ostinazione nell’Anima di Filippo Biagioli

Nel vasto e spesso enigmatico panorama della musica d’autore, Filippo Biagioli, artista Serravallino, si distingue per la sua capacità di tessere storie profonde e intrise di simbolismo. Il suo singolo, “La Palude”, non fa eccezione. Ben oltre una semplice composizione musicale, il brano si rivela un’immersione cruda e potente nelle profondità dell’animo umano, esplorando temi di lotta, rassegnazione e l’ostinata ricerca di un significato.

La palude

“La Palude” non è una distesa d’acqua stagnante, ma una metafora vivida e opprimente di uno stato esistenziale. Fin dalle prime strofe, Biagioli ci introduce in un ambiente quasi onirico e surreale, dove un teschio bianco e cristallino emerge dalla melma, tenuto da un uomo rude, forse un “mostro” che non si palesa. Questa immagine iniziale è potentissima: il teschio, simbolo di mortalità e conoscenza, sembra essere l’obiettivo, ma la sua raggiungibilità è ostacolata da una forza oscura e indefinita.

Il percorso verso questo “teschio” è una salita piena di spine, un’ascesa dolorosa tra “cardi infiammati e aria fine”. Qui Biagioli dipinge con efficacia la fatica del vivere, le difficoltà e gli ostacoli che ci fanno “arrancare“. La tentazione di “cadere nelle sue spire” e “appassire” come un vecchio fiore è palpabile, un monito contro la rassegnazione.

Eppure, in questo scenario di difficoltà, emerge un elemento di resilienza e devozione. La frase “ma se questo Dio comanda / io obbedisco / essere il suo profeta / è quello che preferisco” introduce una dimensione quasi mistica, un’accettazione del proprio destino o della propria missione, anche se questa comporta sofferenza. Non è una sottomissione passiva, ma una scelta consapevole di perseguire un obiettivo, di essere “profeta” di qualcosa, pur in condizioni avverse.

Ritornello

Il ritornello è un grido di volontà, un’affermazione di intenti che si ripete come un mantra: “ma io voglio afferrare quel teschio / asciugare la palude / tirarne fuori i tesori / e tutto ciò che tu adori“. Questo desiderio ardente di “afferrare quel teschio” simboleggia la ricerca della verità, della conoscenza, o forse della propria essenza più profonda. “Asciugare la palude” è l’atto di bonificare l’anima, di liberarsi dalle incertezze e dalle pesantezze che la opprimono. E “tirarne fuori i tesori” è la promessa di scoprire valori e significati nascosti, non solo per sé ma anche per un “tu” al quale tutto ciò è dedicato.

Le strofe successive intensificano il senso di lotta. Le iene languire e le storpie morenti arpie simboleggiano le forze negative, le invidie, i giudizi, le difficoltà che “si avventano sulle braccia mia”. La strada verso il teschio si fa sempre più “dura“, il “mostro indossa un’armatura“, rendendo l’impresa quasi impossibile. Ma la determinazione di Biagioli non vacilla: “non mollo / tutto questo non lo voglio rimpiangere”. Questo è un inno all’ostinazione, al rifiuto del rimpianto, alla volontà di combattere fino all’ultimo.

Nella parte finale, il testo si fa ancora più intimo e viscerale. La forza del protagonista è il suo “coraggio“, non “getta lo straccio” nonostante i compagni siano “morti“, caduti “in disgrazia“. La “pietra che cade dal cielo” diventa un elemento non “deleterio“, ma forse un segno del destino o una prova che fortifica. La chiusura, con immagini crude come “soffoca il sangue nelle tue arterie / il dolore negli occhi / e l’angoscia nel petto“, non è una sconfitta, ma il ritratto della battaglia in corso, un’accettazione della sofferenza come parte integrante del percorso, senza arrendersi nel “lungo penare“.

“La Palude” di Filippo Biagioli è un brano complesso e affascinante, un’esplorazione coraggiosa delle profondità dell’esistenza umana. Ci ricorda che anche quando ci sentiamo intrappolati in una “palude” di difficoltà e incertezze, la volontà, il coraggio e la ricerca ostinata di un significato possono spingerci a “afferrare quel teschio“, a “asciugare” le nostre paure e a scoprire i “tesori” nascosti in noi stessi. È un inno alla resilienza, un invito a non smettere mai di lottare per ciò che si desidera, nonostante le spine e i mostri che si parano sulla strada.