[CORE] “Il Serpente bianco” 3:28 – @2025 (testi: Filippo Biagioli; voce e musica: AI Suno)
“Il Serpente Bianco”: Un Viaggio Enigmatico nell’ultimo brano di [CORE] Filippo Biagioli
[CORE] Filippo Biagioli ci trasporta ancora una volta nel suo universo sonoro e lirico distintivo con l’ultima uscita, “Il Serpente Bianco”. Questo brano, intriso di simbolismo e immagini potenti, invita l’ascoltatore a un’esplorazione profonda di temi primordiali e stati d’animo complessi.
Il testo si apre con immagini crude e viscerali: “Scavo la terra / a mani nude, / trovo sassi, / acciaio / e uova crude.” Questo inizio evoca un senso di fatica, di ricerca di qualcosa di fondamentale e forse di un ritorno alle origini più selvagge dell’esistenza. L’interazione tra l’elemento naturale (“sassi“, “uova crude“) e quello artificiale (“acciaio“) suggerisce una fusione o un conflitto tra natura e civiltà, un contrasto che spesso permea l’opera di Biagioli.
La natura stessa sembra animarsi e riflettere un tormento interiore: “Le fronde / animate dal vento / cervo ferito / in pieno / tormento“. Il vento, elemento spesso associato al cambiamento e all’ignoto, qui infonde vita alle fronde, ma in un contesto di sofferenza, simboleggiata dal “cervo ferito“. Questo parallelismo tra il paesaggio esterno e un disagio interiore è una cifra stilistica riconoscibile dell’artista.
Il tema della rivelazione e della nascita è centrale nel ritornello: “Si schiude, si rompe / disagio di Isacco / nacque così / la storia del Serpente Bianco.” Il riferimento al “disagio di Isacco” aggiunge un livello di complessità, richiamando un episodio biblico di sacrificio e fede, ma qui interpretato come un momento di rottura, di genesi. La “storia del Serpente Bianco” emerge da questa frammentazione, suggerendo una nuova consapevolezza o una nuova fase. Il serpente, simbolo universale di trasformazione, rinascita e saggezza, assume qui un colore bianco, che potrebbe indicare purezza, mistero o un’entità quasi eterea.
La canzone si avventura poi nell’oscurità della notte, dove “una luce rossa / sbiadisce sempre più / e si offusca“, evocando un senso di perdita o di incertezza. Il serpente, ora pienamente manifestato, “striscia a terra / muove l’erba / nessuno / che lo afferra“, sottolineando la sua natura sfuggente e forse indomabile. Le “urla lontane / parole / di simbologie arcane” suggeriscono un eco di antichi riti o conoscenze dimenticate, con l’intercalare “Od!” che potrebbe essere un’invocazione o un’espressione di un’energia primordiale.
Le “Parole, riti, / professati a denti stretti / tagli di morsi / netti” introducono un elemento di tensione e di forza quasi violenta, rafforzato dall’imperativo “mordi Od! / mordi Serpente!“. L’invocazione a mordere e il riferimento al “circolo in cerchio / come Nepente!” richiamano l’immagine dell’Uroboro, il serpente che si morde la coda, simbolo di eternità, ciclicità e autoguarigione. Il Nepente, un’antica bevanda che induceva oblio e sollievo dal dolore, aggiunge un tocco di misticismo e perhaps di evasione.
“Il Serpente Bianco” è un brano che non offre risposte facili, ma piuttosto invita alla contemplazione. [CORE] Filippo Biagioli dipinge un affresco sonoro e poetico che esplora la dualità dell’esistenza, la lotta tra luce e ombra, la ciclicità della vita e della morte, e la continua ricerca di significato. È un pezzo che si insinua nell’ascoltatore, lasciando una sensazione di mistero e una profonda risonanza emotiva.