• Mer. Giu 18th, 2025
Incidente di percorso opere di Filippo Biagioli

Molto spesso, cerco di spiegare a coloro che vengono ad imparare da me, il concetto che una frase non può racchiudere tutta una spiegazione. Così come il tempo che passa ha una somma di attimi che si accumulano, ma anche di azioni e loro reazioni. Probabilmente ci ha già pensato qualcuno, non lo so, non ho trovato notizie in merito. Qui ho teorizzato il “Paradosso dell’Incidente” di Filippo Biagioli:

Il Paradosso dell’Incidente: Destino, Sfortuna o una Danza di Eventi Casuali?

È un istinto umano profondo quello di cercare una spiegazione quando accade qualcosa di negativo, soprattutto un incidente. Vogliamo capire perché è successo, a chi dare la “colpa” (non necessariamente in senso morale, ma causale) o se fosse semplicemente inevitabile. Questo desiderio di trovare una causa unica o un significato dietro eventi complessi può però portarci a un vicolo cieco, come dimostra un paradosso interessante che possiamo esplorare.

Partiamo da un dato di fatto: le statistiche mostrano che alcuni modi di spostamento sono intrinsecamente più rischiosi di altri. Viaggiare in elicottero, ad esempio, presenta un tasso di incidenti e mortalità per ora di volo significativamente superiore rispetto a una semplice passeggiata. Questo dato oggettivo ci porta a pensare che il “mezzo” scelto abbia un peso cruciale.

Ma consideriamo ora le reazioni e le interpretazioni che emergono quando un incidente si verifica, a seconda del contesto:

Scenario 1: L’Incidente in Elicottero

Se una persona subisce un incidente (o muore) mentre viaggia in elicottero, le reazioni o le possibili “spiegazioni” che potremmo sentire o pensare sono diverse:

  • a) “Se avesse viaggiato a piedi, non sarebbe successo.” Questa risposta punta il dito contro il mezzo di trasporto scelto, riconoscendo il rischio maggiore ad esso associato. Sembra una spiegazione logica basata sulle probabilità.
  • b) “È stata sfortuna.” Questa interpretazione suggerisce che, nonostante il rischio calcolato, l’incidente specifico sia stato il risultato di una casualità avversa, qualcosa di imprevedibile che si è verificato quel giorno, in quel volo. La sfortuna è vista come un agente esterno e imprevedibile.
  • c) “Era destino.” Questa visione fatalistica implica che l’evento fosse predestinato, che sarebbe accaduto indipendentemente dalle scelte fatte. In questa prospettiva, il mezzo (elicottero) è solo lo strumento o il contesto in cui il destino si è manifestato.

Scenario 2: L’Incidente a Piedi

Ora, confrontiamo queste reazioni con quelle che potrebbero sorgere se l’incidente (magari una brutta caduta, un investimento, ecc.) accadesse mentre la persona stava semplicemente camminando:

  • a) “Se fosse rimasta a casa, non sarebbe successo.” Analogamente al primo scenario, questa risposta incolpa la scelta di essersi trovati in una situazione (fuori casa, a camminare) in cui l’incidente poteva verificarsi. Stare a casa è visto come l’alternativa più sicura.
  • b) “È stata sfortuna.” Anche camminando, si può essere vittime di un evento sfortunato: scivolare su una buccia di banana, essere colpiti da qualcosa che cade, incappare in una situazione imprevedibile. La sfortuna torna come possibile “causa”.
  • c) “Era destino.” Anche in questo caso, la visione fatalistica può emergere: l’evento era semplicemente scritto, e la camminata è stata solo il “palcoscenico” su cui si è svolto.

Il Punto di Rottura: Il Paradosso

È qui che emerge il tuo paradosso. Analizziamo le possibili “cause” o “promotori” suggeriti dalle reazioni:

  1. Il Mezzo/Luogo (Elicottero vs. Piedi vs. Casa): In entrambi gli scenari di incidente fuori casa (elicottero o a piedi), una possibile spiegazione è “non sarebbe successo se… [si fosse scelto un altro mezzo/luogo]”. Ma cosa succede se l’incidente avviene stando a casa (una caduta dalle scale, un oggetto che cade, ecc.)? In quel caso, non c’è un “mezzo” o un “luogo alternativo più sicuro” se non l’impossibilità di esistere in quel momento. Blamare il mezzo o il luogo diventa insufficiente come spiegazione universale. Il luogo o il mezzo influenzano la probabilità e il tipo di rischio, non sono la causa ultima.
  2. La Sfortuna: La sfortuna viene chiamata in causa sia per l’incidente in elicottero che per quello a piedi, e potenzialmente anche per quello in casa. Se la sfortuna può “promuovere” un incidente indipendentemente dal fatto che tu sia in volo, a terra o al sicuro tra le tue mura, allora la sfortuna da sola non spiega perché è successo  e in quel momento, né distingue causalmente gli eventi. È più un’etichetta per descrivere un esito negativo casuale che una causa specifica.
  3. Il Destino: Se si accetta la tesi del destino, allora l’evento accade perché “doveva” accadere. Questo rende irrilevante la scelta dell’elicottero, della camminata o dello stare a casa dal punto di vista della causa ultima. Il destino non è influenzato dal mezzo. Ma accettare il destino significa rinunciare a una spiegazione causale basata su fattori osservabili e interagenti.

Il paradosso sta nel fatto che nessuna di queste spiegazioni semplici (“è colpa del mezzo”, “è stata sfortuna”, “era destino”) sembra reggere come il singolo e unico “promotore” dell’incidente quando la si applica in modo universale ai diversi contesti (elicottero, a piedi, a casa). Ognuna, se spinta fino in fondo, mostra i suoi limiti esplicativi come causa unica.

La Conclusione: La Danza dei Fattori Casuali

Come giustamente concludi, la risposta più consona a quale delle tre opzioni sia la “promotrice” dell’incidente è: nessuna delle tre, prese singolarmente.

Questo non significa che queste idee non abbiano un loro ruolo nel nostro modo di comprendere o affrontare gli eventi (la probabilità del mezzo è reale, la sfortuna è un modo di descrivere l’imprevedibilità, il destino è una prospettiva filosofica), ma non identificano la singola causa scatenante dell’evento specifico.

Ogni incidente è, in realtà, il risultato di una complessa e spesso unica combinazione di fattori. Non è “promosso” da un’unica forza astratta (destino, sfortuna) né unicamente dal contesto (mezzo/luogo), ma emerge dall’interazione simultanea di una moltitudine di variabili, molte delle quali casuali o fortuite:

  • Lo stato meccanico del mezzo (se c’è).
  • Le condizioni ambientali (meteo, stato del terreno, ecc.).
  • L’errore umano (distrazione, valutazione errata, stanchezza).
  • La presenza di altri elementi esterni (un ostacolo imprevisto, il comportamento altrui).
  • Le condizioni fisiche della persona coinvolta.
  • Una sequenza specifica e improbabile di piccoli eventi concomitanti.

È la convergenza di tutti questi elementi in un preciso istante a creare la condizione necessaria perché l’incidente si manifesti. Se anche solo uno di questi fattori fosse stato diverso, l’incidente in quella forma e in quel momento specifico potrebbe non essersi verificato.

In sintesi, il tuo paradosso mette in luce l’inadeguatezza delle spiegazioni lineari o monolitiche per eventi complessi come gli incidenti. Essi non sono semplicemente “promossi” dal destino, dalla sfortuna o dal mezzo, ma sono l’epifenomeno di una fitta rete di cause e condizioni che si intrecciano in modo spesso imprevedibile. Riconoscere questa complessità ci porta a una visione più sfumata della casualità e della causalità nella nostra vita.